giovedì 3 novembre 2022

Vasilij Grossman - STALINGRADO

 






Autore: Vasilij Grossman

Titolo: Stalingrado

Titolo originale: Per una giusta causa

GenereNarrativa slava

Editore: Adelphi

CollanaBiblioteca Adelphi

Data di uscitaPrima pubblicazione:1952, da Adelphi 2022

Pagine884

Prezzo ediz. cartacea€ 26,60

E book Kindle: 19,99 €

AmbientazioneStalingrado (Russia)


Dal sito dell'Enciclopedia Italia Treccani:


"Scrittore russo, nato a Berdičev il 29 novembre (12 dicembre) 1905, morto a Mosca il 14 settembre 1964. Figlio di un chimico, G. compì studi fisico-matematici all'università di Mosca, e dal 1932 lavorò come ingegnere chimico nel bacino minerario del Donbass.
Alla vita dei minatori è dedicato il romanzo breve del suo esordio, Gljukauf ("Glückauf", 1934). Stabilitosi a Mosca, G. si dedicò interamente alla letteratura. Sono di questi anni i racconti: V gorode Berdičeve ("Nella città di Berdičev", 1934), su un episodio della guerra civile; Četyre dnja ("Quattro giorni"), Tovarìšč Fedor ("Compagno Fedor"), Kucharka ("La cuoca"), in cui G. descrive con sobrio realismo il coraggio del popolo all'epoca della lotta clandestina contro lo zarismo e durante la guerra civile, e un romanzo in quattro volumi, Stepan Kol'čugin (1937-40), il cui protagonista è seguito nel suo sviluppo da giovane operaio di un villaggio di minatori a bolscevico rivoluzionario.

Corrispondente dal fronte del giornale Krasnaja zvezda, G. ottenne grande popolarità con il romanzo breve Narod bessmerten ("Il popolo è immortale", 1942), primo grande affresco della guerra quale atto di eroismo di un intero popolo, raccontato liricamente. Da questo momento la riflessione sulla guerra e sul suo significato acquista un ruolo centrale nell'opera di G.: a esclusione di una pièce, Esli verit' pifagorejcam ("Se dobbiamo credere ai pitagorici"), scritta prima della guerra e pubblicata nel 1946, le sue opere hanno come nodo centrale la battaglia di Stalingrado.

Dagli schizzi del ciclo Stalingrad (1943) si passa a epopee di sempre maggior respiro. Si tratta di riflessioni dolenti, oneste, preoccupate: già Za pravoe delo ("Per una giusta causa"), concepito come prima parte di una dilogia e pubblicato nel 1952 sulla rivista Novyj Mir, dopo un'accoglienza calorosissima da parte della critica e soprattutto del pubblico, fu sottoposto nel 1953 a duri attacchi: gli eroi del romanzo non sono rappresentativi, ci sono più ebrei che russi, il ruolo del partito non è sottolineato abbastanza. La morte di Stalin impedisce che G. paghi un prezzo troppo alto per queste accuse: i detrattori si scusano, il romanzo è pubblicato in volume.

La sua crisi, morale e filosofica, si approfondì, esprimendosi nella seconda parte della dilogia, Žizn' i sud'ba (trad. it., Vita e destino, 1984), portata a termine nel 1960 e consegnata alla redazione della rivista Znamja; dopo un anno di silenzio il romanzo fu ''arrestato'' dal KGB: G., cui stranamente non si tolse lo status di autore classico sovietico, non sopravvisse al dolore, si ammalò e morì dopo aver scritto ancora qualche breve racconto e Dobro vam ("Salve!"), appunti relativi a un soggiorno di due mesi in Armenia pubblicati postumi a Erevan (1965; edizione integrale in Znamja, novembre 1988). Alla sua morte si trovò tra le sue carte un romanzo incompiuto, Vse tečet (trad. it., Tutto scorre, 1971), iniziato nel 1955, in cui il ritorno del protagonista da un lager siberiano offre lo spunto a riflessioni che, portando alle estreme conseguenze l'analisi intrapresa nella dilogia, giungono per la prima volta a mettere in discussione la figura stessa di Lenin. Dopo aver circolato nel samizdat, Vse tečet fu pubblicato a Francoforte nel 1970; in quanto a Žizn' i sud'ba, copie del manoscritto confiscato giunsero fortunosamente in Occidente, e il romanzo, uscito a Losanna nel 1980, è stato subito tradotto in molte lingue.

La prosa di G. è limpida e distesa: ricorrendo a tecniche quasi cinematografiche egli ''monta'' un romanzo dall'impianto classico, ricco di personaggi le cui storie s'intrecciano alla Storia, da Stalingrado ai lager siberiani, dai campi di concentramento nazisti alla provincia dello sfollamento. Ne risulta il quadro di un 20° secolo deformato dal tumore del totalitarismo, di un mondo di schiavi pronti a sterminare popoli interi in nome dell'idea, di nazione o di classe.Pubblicati entrambi sulla rivista Oktjabr' (Žizn' i sud'ba, 1-4, 1988; Vse tečet, 6, 1989), i romanzi hanno dato vita ad accese discussioni, ben attuali in un momento di generale riflessione sulla storia patria. Ma G. non accusa e non giudica: il suo ideale è quello di una bontà umile, una pietas verso tutte le creature che superi la razza, la fede, la classe e veda nell'uomo solo un uomo."






Recensioni

A Stalingrado i soldati russi furono eroici (ma di troppe cose non era permesso parlare)
Vasilij Grossman ripercorre come una cronaca in forma di romanzo i terribili mesi dell’invasione tedesca Rende il giusto omaggio ai caduti e irride Hitler e Mussolini attraverso corpi, paure, intime speranze. (Paolo di Paolo, La Stampa)

In molti ritengono che questo romanzo sia il Guerra e pace del Novecento, ma lo sguardo di Lev Tolstoj sul mondo era sintetico, solare, universale. Grossman appare invece analitico, tenebroso, lenticolare: passa da un episodio all'altro senza soluzione di continuità. Tutto è cambiato rispetto al grande modello ottocentesco: il cielo di Austerlitz evocato del maestro di Jàsnaja Poljana, in cui pareva ancora brillare un ritmo leggero, stendhaliano, pare diventato oscuro, tempestoso. È l'epoca dei lupi, per usare l'immagine di Osip Mandel'štam. A fare la parte di Kutuzov ci sono generali in stile Andrej Erëmenko, condottiero di "paludi e foreste", il quale però, imbeccato da Stalin, che gli ha ordinato di non fare alcun passo indietro, si rintana nella metropoli assediata trascinandoci dentro l'intera sesta armata tedesca guidata da Friedrich Wilhelm Ernst Paulus.
Consigliamo al lettore di affidarsi al flusso della narrazione, rinunciando alla pretesa di poterla dominare, come potrebbe fare un bambino nelle braccia di sua madre. Ne ricaverà un'esperienza etico-estetica di livello ben superiore a quelle che la letteratura contemporanea ci può consentire. Questo romanzo ridimensiona quelli che abbiamo letto sulla medesima battaglia: dalle Trincee di Stalingrado di Viktor Nekrasov all'Armata tradita di Heinrich Gerlach. (Eraldo Affinati, la Repubblica)

Trama (non viene mai svelato il finale)

Dal risvolto

"Quando Pëtr Vavilov, un giorno del 1942, vede la giovane postina attraversare la strada con un foglio in mano, puntando dritto verso casa sua, sente una stretta al cuore. Sa che l’esercito sta richiamando i riservisti. Il 29 aprile, a Salisburgo, nel loro ennesimo incontro Hitler e Mussolini lo hanno stabilito: il colpo da infliggere alla Russia dev’essere "immane, tremendo e definitivo». Vavilov guarda già con rimpianto alla sua isba e alla sua vita, pur durissima, e con angoscia al distacco dalla moglie e dai figli: «...sentì, non con la mente né col pensiero, ma con gli occhi, la pelle e le ossa, tutta la forza malvagia di un gorgo crudele cui nulla importava di lui, di ciò che amava e voleva. Provò l’orrore che deve provare un pezzo di legno quando di colpo capisce che non sta scivolando lungo rive più o meno alte e frondose per sua volontà, ma perché spinto dalla forza impetuosa e inarginabile dell’acqua». È il fiume della Storia, che sta per esondare e che travolgerà tutto e tutti: lui, Vavilov, la sua famiglia, e la famiglia degli Šapošnikov – raccolta in un appartamento a Stalingrado per quella che potrebbe essere la loro «ultima riunione» –, e gli altri indimenticabili personaggi di questo romanzo sconfinato, dove si respira l’aria delle grandi epopee

Giudizio personale

Forse è esagerato definire questo libro come il "Guerra e pace" del '900. Resta però il fatto che questo romanzo sconfinato, che ha dovuto attraversare molte modifiche per sfuggire alla censura, costituisce un esempio ben riuscito di sintesi tra le storie personali dei personaggi e la storia collettiva del grande dramma che ha attraversato la Russia durante l'eroica difesa di Stalingrado. Una Russia ben diversa da quella che attualmente sta manifestando il suo disprezzo per l'altrui indipendenza.
Il mio consiglio, data la mole del libro e la quantità di personaggi presenti, è quello di abbandonarsi al flusso narrativo senza perdersi a cercare di capire e ricordare: vedrete che la lettura risulterà accattivante ugualmente. Io, almeno, ho fatto così e mi riprometto di leggere, appena sarà possibile, il seguito di "Stalingrado", ossia " Vita e destino".


Stile
8/10
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Piacevolezza lettura
8/10
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Rappresentazione personaggi
9/10
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Trama
9/10
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Giudizio complessivo
8/10
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Consiglio di lettura: sì.

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