domenica 10 settembre 2023

Ilaria Tuti - FIORE DI ROCCIA

 








AutoreIlaria Tuti

TitoloFiore di roccia

Genere: Fiction storica, Giallo

Editore: Longanesi

Collana: LA GAJA SCIENZA

Data di uscita2020

Pagine320

Prezzo ediz. cartacea: rilegato € 18,80 

E book Kindle: 9,99 €

AmbientazioneCarnia (Friuli Venezia Giulia)


Dal sito della casa editrice Longanesi:

"Ilaria Tuti vive a Gemona del Friuli, in provincia di Udine. Ha esordito nella narrativa con Fiori sopra l’inferno (Longanesi 2018). Il secondo romanzo, Ninfa dormiente, è del 2019. Entrambi vedono come protagonisti il commissario Teresa Battaglia, uno straordinario personaggio che ha conquistato editori e lettori in tutto il mondo, e soprattutto la terra natia dell’autrice, la sua storia, i suoi misteri. Con Fiore di roccia (2020), e attraverso la voce di Agata Primus, Ilaria Tuti celebra un vero e proprio atto d’amore per le sue montagne, dando vita a una storia profonda e autentica. Nel 2021, con Luce della notte e Figlia della cenere, torna alle storie di Teresa Battaglia. Del 2021 è anche la nomina di Ninfa dormiente agli Edgar Awards e il Premio letterario Rapallo per la donna scrittrice per Fiore di roccia. È inoltre autrice del romanzo Come vento cucito alla terra (2022), ispirato alla vera storia delle prime donne chirurgo durante la Prima guerra mondiale. I suoi romanzi sono pubblicati in 27 Paesi.
Da Fiori sopra l’inferno è stata tratta l’omonima serie tv con Elena Sofia Ricci, in onda su Rai."






Recensioni

Su questa scelta — la scelta — Ilaria Tuti, che già aveva abituato il lettore ai personaggi ben delineati dei suoi amatissimi thriller, a figure che non sono mai tirate via (a partire dal commissario di polizia Teresa Battaglia, protagonista dei suoi libri precedenti), costruisce un romanzo teso in cui nessuna parola è superflua, nessuna descrizione «decorativa»: le piaghe sulle spalle martoriate delle ragazze, gli occhi «bui» dei soldati, un pasto misero consumato in silenzio, le lacrime trattenute e le poche risate sono le (bellissime) tessere di un mosaico epico e scarno insieme. (Annachiara Sacchi, Corriere della Sera)

Il nuovo romanzo dell’autrice friulana ha il merito di togliere la polvere da una storia femminile gloriosa e dimenticata. È dedicato, infatti, al ruolo fondamentale delle Portatrici carniche, che nel corso della I Guerra Mondiale operarono lungo il fronte della Carnia trasportando con le loro gerle rifornimenti e munizioni fino alle prime linee italiane, dove molto spesso combattevano i loro uomini nei reparti alpini, e dimostrando in tal modo che non è vero che la guerra viene combattuta solo dagli uomini. (sololibri.net)

Il delicato compito, assolto egregiamente da Ilaria Tuti, di far conoscere il ruolo assunto dalle donne friulane durante la Grande Guerra, non era esente dal pericolo più strisciante e latente ovvero quello di non contribuire affatto a restituirne la memoria ma, al contrario, paradossalmente, di impoverirla ulteriormente con un racconto poco degno di nota. E invece, la scrittrice friulana, conosciuta e apprezzata da molti lettori per i suoi precedenti romanzi con protagonista, guarda a caso una donna, il commissario Teresa Battaglia, e la sua terra, il Friuli , riesce a restituire il vero senso della partecipazione femminile al conflitto e la misura di tale impegno, lasciando il lettore attonito rispetto al coraggio e alla generosità di queste donne. (qlibri)

Trama (senza spoilerare)
 
Dal sito illibraio.it

"Sul confine della Carnia, nel mezzo dei combattimenti della Grande Guerra, sono rimaste solo le donne, a prendersi cura dei vecchi e dei bambini. Gli uomini sono tutti sui monti, nelle prime linee, battaglioni degli alpini allo stremo. 
Abituate a essere definite attraverso il bisogno di qualcun altro, le mani ruvide e callose per la fatica, le gambe irrobustite dai lavori pesanti, nei campi e nelle case, le donne di Timau vengono chiamate dal Comando in difficoltà: necessitano viveri e munizioni nelle trincee.
Agata e trenta compagne escono dall'ombra delle loro giornate stanche, e indossano le gerle: alcune sono poco più che bambine, rese adulte dalla terra aspra, dalla paura e dalla fame. Nessuna si tira indietro, si carica di quello che serve, le cinghie che segano le spalle; curve si incamminano, diventano muli, in fila sui sentieri, milleduecento metri di salita nervosa, uno sfinimento per raggiungere i soldati e poi ridiscendere a valle. Anin. Andiamo.
È una salita al Golgota quella di Agata in fila con le altre, tra sassi spaccati dalle frane che rotolano ai suoi piedi come teschi, monoliti di pietra che la osservano in un cielo grigio increspato dal vento nel quale risuona la cantilena delle preghiere e del canto, per non sentire i pezzi di artiglieria. Va avanti cosi, in uno scenario antico, un regno immutato che ha la solennità di un sepolcro, non pensa alla pelle che brucia, alla mamma maestra che non c’è più, al padre ormai in letargo, allo stomaco affamato. Agata cammina ostinata, verso un silenzio diverso da quello della pietra, il silenzio della conta dei morti.
In cima, sul Pal Piccolo, gli occhi di Agata si immergono nella foschia purulenta delle trincee, torrenti di corpi a brandelli, sangue e feci, da cui si elevano lamenti di ragazzi che chiamano la mamma. È una cloaca di poveri dannati, la prima linea, e nel buio di quegli antri di morte Agata tira fuori una fierezza primordiale, tutto il coraggio che è sempre stato concime della sua terra, e che le porta il rispetto dei soldati.
Le Portatrici sono un vero reparto, sempre più numeroso a ogni salita, e a ogni devastante discesa, con le gerle leggere sulle schiene, ma il dolore spostato alle braccia, che portano le barelle dei cadaveri per poi scavarne il cimitero: momento nero pieno di significato, perché alle donne appartengono la vita e la morte, in un misto di forza e compassione che ha qualcosa di sacro, come il paesaggio che le circonda.

La foresta è un confine che le miserie del combattimento non possono varcare, la roccia ha permesso ai bivacchi di attaccarsi e poi li sferza di vento e vertigine: è una natura ostile, silenziosa spettatrice, nella quale l’uomo e la bestia sono tornati a riconoscersi simili, senza intelletto, senza ragione, solo con la propria simile selvaggia barbarie. Un dialogo che è quasi primitivo come quello di Agata con il diavolo bianco, un cecchino austriaco, un incontro improvviso nella neve, che sconvolge tutto, il biondo di pelle e capelli così chiaro da essere diverso, ma lo sguardo così spaventato da essere uguale a tutti.

Quella di Agata è una tenacia delicata come una stella alpina, aggrappata alla montagna: sono fiori di roccia, le donne carniche, piegate sotto il peso di una guerra che sono state capaci di combattere con eroismo. A loro la Croce di Cavaliere, consegnata alle reduci novantenni da Oscar Luigi Scalfaro nel 1997.

Giudizio personale

Non c'è Teresa Battaglia in questo libro, c'è un'altra battaglia o meglio c'è la prima guerra mondiale che infuria sulle montagne della Carnia. La Tuti col suo stile scarno, essenziale ha creato un epos, la storia incredibile delle portatrici e lo ha fatto in modo eccezionale. Ne è uscita fuori una storia drammatica, delicata e dolorosa, utile anche a farci conoscere una pagina importante della storia d’Italia, stavolta scritta dalle donne. Epos e pathos.

Stile
8/10
⬛⬛⬛⬛⬛⬜
Piacevolezza lettura
8/10
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Rappresentazione personaggi
8/10
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Trama
8/10
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Giudizio complessivo
8/10
⬛⬛⬛⬛⬛⬜⬜








Consiglio di lettura: sì, sarebbe colpevole non farlo.

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